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Acquisto contro affitto: comprare casa conviene

28 Dicembre 2015

Prendere in affitto o comperare casa?

Investire, pagando un mutuo per 20-25 anni, e alla fine diventare proprietario, oppure pagare ogni mese un canone, non vincolarsi finanziariamente ma sapendo che poi non si diventa proprietari di nulla.

Insomma, che cosa conviene di più oggi scegliere. In tempi di tassi di interesse e costo del denaro ai minimi storici, il dilemma non dovrebbe nemmeno porsi. Non solo, lo stesso mercato immobiliare mai come in questo periodo offre occasioni a prezzi decisamente più bassi.

Eppure, la stretta al credito che ancora persiste per diverse tipologie di utenti, in particolare per coloro con minori capacità di disporre di sufficienti garanzie economico-finanziarie (capitale) o lavorative (contratti di lavoro stabili) richieste dalle banche, questo dilemma lo pone, eccome.

Questo nonostante i numeri parlino chiaro. Il “risparmio” o il minor costo fra chi acquista e chi sceglie l’affitto è a tutto vantaggio del primo.

In tutti i casi considerati alla fine della durata del mutuo o del contratto d’affitto il proprietario ha sempre un guadagno superiore rispetto all’inquilino. Per un trilocale dal valore di 300-350 mila euro in una città, per esempio, alla scadenza del mutuo il neoproprietario ha risparmiato 234mila euro. Chi ha pagato l’affitto ne ha risparmiati solo 5.600 euro.

Ma per tipologie di appartamenti anche più piccoli, bilocali o trilocali dal valore fra i 250 e i 300mila euro, la differenza è addirittura più corposa: si va da un guadagno (quindi soldi non spesi) fra i 99mila e i 126mila euro per chi sceglie di acquistare, a una maggiore spesa e costi da sostenere per pagare l’affitto fra i 61mila e i 108mila euro.

Da un punto di vista finanziario, nel confronto fra maggiore e minor costo da sostenere, quindi oggi l’acquisto di una casa non ha concorrenti. A maggior ragione rispetto all’affitto: essere inquilino è sempre più costoso rispetto al diventare proprietario - nell’arco del tempo - della abitazione che si abita.

Facendo due calcoli è facile mettere bene in evidenza questa differenza. Il modello tiene in considerazione anche il carico fiscale, dalla Tasi (sia per il proprietario e sia per l’inquilino, imposta dal prossimo anno cancellata) a tutte le altre spese legate all’acquisto e al possesso dell’immobile. Per l’inquilino si sono considerate anche le spese di registrazione del contratto e l’adeguamento Istat del canone di locazione. Si è considerato un capitale iniziale a disposizione, che il proprietario utilizza per l’acquisto dell’immobile mentre l’inquilino investe in Btp.

L’orizzonte temporale preso in considerazione è di 25 anni e una delle ipotesi alla base del modello è che la rata e il canone di locazione medio siano di importo simile. La copertura con mutuo, infine, si aggira intorno al 60%-70% del valore dell’immobile.

In tutti i casi, anche di fronte al carico fiscale sul mattone, l’acquisto dell’immobile è risultata una scelta vincente. Più vantaggiosa anche rispetto a investire il capitale a disposizione in titoli di Stato come i Btp.

Proviamo allora vedere che cosa succede con un caso reale, fra l’acquisto o l’affitto di un immobile, un bilocale di 80-100 metri quadrati.

L’immobile costa 270mila euro, e entrambi -chi acquista e chi affitta- hanno un capitale a disposizione di 100mila euro.

Chi decide di acquistare copre la differenza, il 68%, con un mutuo a tasso fisso di 25 anni La rata mensile è di 1.058 euro. Il prestito copre anche le spese legate all’acquisto dell’immobile: notaio, intermediazione immobiliare, imposte e bolli. Avrà inoltre anche un beneficio fiscale grazie alla detrazione degli interessi passivi. Ma dovrà pagare le spese di gestione dell’immobile come manutenzione straordinaria e assicurazione, e la Tasi.

Chi decide invece di affittare pagherà un canone mensile iniziale di 850 euro. Il capitale a disposizione (100mila euro) viene investito in un Btp a 25 anni. L’affitto sarà aggiornato ogni anno in base all’indice Istat, e dovrà pagare ogni anno, come inquilino, la registrazione del contratto di locazione e la eventuale quota di Tasi.

In partenza c’è quindi una differenza di costo fra canoni d’affitto e rate del mutuo. Nel primo anno, per esempio, la differenza è positiva per il locatario (che spende 850 euro al mese contro una rata mensile di 1.058 euro del proprietario), differenza che sarà investita in un conto corrente bancario ordinario con tasso di remunerazione dello 0,27% lordo.

Allo stesso tasso si investe l’eventuale differenza tra i costi di gestione dell’immobile, i costi della locazione e il beneficio fiscale per la detrazione degli interessi. Risultato finale, dopo 25 anni, all’estinzione del mutuo il guadagno o le perdite ottenuti sono questi: per il proprietario un guadagno di 104.826 euro dato dalla differenza del valore dell’immobile e le rate del mutuo pagate. Per l’inquilino un aggravio di spesa di oltre 101mila euro risultato dalla differenza fra il capitale investito e i canoni di locazione pagati sommati alla differenza del canone versato e gli altri costi sostenuti.

Un risultato, quindi, vincente nonostante il peso delle tasse per chi decide di investire e comperare casa. Tenendo anche conto che l’immobile ogni anno viene rivalutato del valore medio dell’indice Istat degli ultimi dieci anni.

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