Mutuo: surroga e rinegoziazione del finanzia…
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28 Dicembre 2015
Il Fisco fa sempre bottino pieno con la casa, comunque vada a finire: nella sua cassa, da quando solo si pensa di costruirla a quando si procede con l’acquisto del terreno si versano imposte di registro, ipotecarie e catastali, poi si paga l’imposta sul costo di costruzione, si debbono pagare le imposte di mutuo nel caso di accensione di un prestito.
E fin qui non è stato posato nemmeno un mattone.
Ma il Fisco, intanto, si è già messo via una bella quota dell’investimento programmato. Poi c’è la fase di costruzione, e anche qui l’Erario presidia la casa senza lasciarsi scappare nemmeno un centesimo. Bussa alla porta – che per altro ancora non c’è - per incassare gli oneri tributari fatti per la maggior parte di oneri di urbanizzazione, e poi vuole anche l’Imu, imposta che è dovuta anche per l’area su cui si costruisce.
Ora qualcosa cambia, poco, ma se non altro dal prossimo anno Tasi e Imu non si pagheranno più sulla prima casa. Restano invece sulle seconde residenze. Un sospiro di sollievo, minimo, ma è pur sempre qualcosa. Già perché se per un contribuente è una piccola soddisfazione, per un’impresa l’affanno con il Fisco resta. Eccome.
Per esempio, e tornando al nostro elenco di versamenti tributari, versato il tutto, ora si può iniziare la costruzione . E quando l’immobile finalmente esiste e nel caso di un’impresa, abbia venduto la nuova abitazione l’utile lordo viene colpito all’imposta sul reddito.
Non è finita: l’Erario chiede anche di versare l’Iva a carico di chi acquista la casa e di pagare la conseguente imposta di trasferimento.
Risultato: se l’impresa riuscisse a vendere l’immobile costruito e a generare un utile lo Stato guadagnerebbe comunque il 40% in più di quanto ha guadagnato l’imprenditore. E questo vantaggio dello Stato vale anche nel caso in cui l’imprenditore edile non avesse alcun utile, non riuscisse cioè a vendere il nuovo immobile e quindi registrerebbe una perdita.
Insomma, comunque vada l’Erario ci guadagna sempre, senza mai assumersi alcun rischio d’impresa.
L’esempio elaborato dallo studio di Ance, l’associazione dei costruttori, mette in fila tutte le operazioni necessarie e richieste dal Fisco, per avere alla fine una sorpresa desolante: l’Erario ha garantito un gettito complessivo di 7,2 milioni di euro, per l’impresa l’utile netto è stato invece di 4,3 milioni di euro.
Ma il Fisco avrebbe la meglio anche nel caso peggiore per l’impresa e cioé se chiudesse in perdita: nelle prime due fasi ha pagato imposte per 2,8 milioni e il Fisco incasserebbe comunque 3,3 milioni.
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