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12 Giugno 2015
Al giorno d’oggi si è sempre di corsa e si attraversa la città senza soffermarsi sui particolari: eppure, transitando per via San Bernardino a Bergamo, la nostra attenzione sarà sicuramente caduta qualche volta su quell’edificio di mattoni rossi, sorto ormai da un po’ di anni.
Quel parallelepipedo è un gioiellino dell’architettura, realizzato dall’architetto svizzero Mario Botta, e al suo interno ospita la biblioteca Tiraboschi.
La biblioteca aprì nel 1975: aveva una funzione rionale, era intitolata a San Tomaso ed era collocata nell’edificio di forma ellittica di via San Giorgio, progettato dall’architetto Pirovano agli inizi del Novecento; negli anni Ottanta fu ampliata e nel 1986 fu intitolata ad Antonio Tiraboschi, bibliotecario, linguista e studioso di storia locale.
Il progetto per la nuova sede fu affidato a Botta dal Comune di Bergamo nel 1996 e nel 2004 l’edificio fu aperto al pubblico. Oggi la Tiraboschi, dopo la riorganizzazione del sistema bibliotecario iniziata nel 1999, è la biblioteca Comunale della Città ed è ancora più ricca: in essa infatti è confluita anche una parte del patrimonio librario e documentario, a carattere tecnico-scientifico, della biblioteca Caversazzi, un luogo che per anni era stato un punto di riferimento per studenti e professionisti. L’edificio si articola su cinque piani, più uno interrato.
La chiave di volta alla base del progetto consiste nel voler realizzare uno spazio aperto, all’insegna della continuità, dove gli utenti possono essere liberi di muoversi e leggere: ciò si concretizza nella grande e unica sala centrale, alta ben diciannove metri, che termina in un’ampia vetrata.
L’esterno rispecchia lo stile tipico di Botta, caratterizzato dall’utilizzo di mattoni in cotto e dalla scelta di impiegare volumi puri, tagliati da grandi spaccature.
Mario Botta è una delle figure di maggior spicco dell’architettura contemporanea e le sue opere sono influenzate dai lavori di Le Corbusier, Aldo Rossi e Carlo Scarpa e tendono sempre a fondersi in maniera armoniosa con la natura, le culture e le storie dei territori, cercando così di essere testimoni del passato storico e dei desideri delle persone.
Come dice egli stesso: “Disegnare uno spazio architettonico è un atto che mira a predisporre le forme ambientali affinché le attività, i sentimenti e le emozioni possano trovare una loro adeguata espressione”.
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