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Mutui: perché scegliere i tassi misti

14 Marzo 2017

C’è chi è arrivato ad annunciare la “fine della bonaccia”. Qualcun altro, invece, guardando a una crescita economica che si sta irrobustendo, ha già decretato la sua fine.

In realtà sia l’uno sia l’altro hanno una parte di ragione. L’era dei tassi al minimo storico è alla fine.

E allora oggi cosa scegliere? Perché se è vero che la scelta vincente negli ultimi anni è stata il tasso fisso, è anche vero che presto il vento, per i nuovi mutui o per le surroghe, potrebbe girare in favore non solo dei tassi variabili, a loro volta divenuti più convenienti rispetto al passato, ma anche dei tassi misti. Un nuovo prodotto quindi si affaccia sulla porta di chi intende comprare casa: mutuo a tasso fisso significa che consente di cambiare tipo di tasso, da fisso a variabile, lungo tutta la durata del contratto sottoscritto.

Entrando nel dettaglio, questi tipi di mutuo presentano una componente fissa e una variabile, oppure, in alternativa, parametri temporali (due, cinque o dieci anni) alla scadenza delle quali è possibile rinegoziare il tasso del mutuo. Insomma, una sorta di surroga già “integrata” nel mutuo di partenza. Questo tipo di contratto tuttavia prevede condizioni iniziali più onerose, per compensare questo vantaggio.

Un esempio concreto dà la misura di come questo prodotto potrebbe essere preso in considerazione per il prossimo futuro. Senza considerare grandi importi, per esempio, 140mila euro di mutuo per la durata di 25 anni, per acquistare un immobile dal valore di 220mila euro e con la banca che arriva a coprire il 65% del prezzo, il vero dilemma che ci si pone oggi è quindi quale tipologia di mutuo scegliere: tasso fisso o variabile? I numeri, a confronto, danno immediatamente il peso della differenza che c’è stata finora, differenza in costi e che significa almeno 70 euro in meno sulla rata mensile a favore del mutuo a tasso fisso.

Così, se si dovesse scegliere oggi un mutuo, la migliore offerta sul mercato ancora oggi presenterebbe per quello a tasso fisso uno spread (il margine che si garantisce la banca, il suo guadagno) del 2,1%, e un tasso Taeg del 2,17%, per una rata di importo mensile che sarebbe di 600 euro. Solo un anno fa, per lo stesso tipo di mutuo si avrebbe avuto uno spread del 2,30%, un Taeg del 3,99% e una rata di 693 euro. Per uno stesso mutuo ma a tasso variabile, a febbraio 2017 la migliore offerta presenterebbe un tasso dell’1,10% con un Taeg dell’1,09% e una rata di 533 euro. A gennaio 2015 (spread del 2,10%, Taeg del 2,22%) la rata era di 597 euro. È evidente, quindi, il dilemma. Anche perché tutti gli elementi che oggi concorrono a rendere i mutui a tasso fisso più convenienti, stanno costantemente diventando più costosi.

L’Irs calcolato a 20 anni è aumentato di 70 punti base se confrontato con i minimi raggiunti solo sei mesi fa, ed è passato da un valore di 0,73 a 1,40. In termini di rimborso – per un prestito da 100mila euro da restituire in 20 anni - significa una rata del mutuo più pesante di 40 euro. Secondo l’analisi di Ivano Crespo, responsabile del Business Unit Mutui dei portali specializzati Facile.it e Mutui.it è «un fattore da prendere in considerazione è lo spread, cioè il guadagno che le banche applicano sui mutui». Meno pessimistica sembra invece la considerazione sulle attese per il tasso variabile, valore della somma dello spread bancario e dell’indice Euribor. «L’Euribor è ormai negativo dal 2015 - spiega Cresto -, ancora oggi è in lieve calo,e soprattutto con ottima probabilità resterà negativo per tutto il 2017 e l’inizio del prossimo, ipotesi ancora più realistica se il Quantitative Easing creato della Bce verrà rinnovato.

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