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12 Giugno 2015
Avete un immobile da affittare? Oppure state cercando un appartamento in affitto?
Sia che siate proprietari, sia che siate futuri inquilini questo piccolo vademecum sulle tipologie dei contratti di locazione può sicuramente esservi utile. Perché nel mondo immobiliare, infatti, non esiste un solo tipo di contratto, ma al contrario se ne possono stipulare con modalità differenti.
La prima distinzione da fare è quella tra i contratti a canone libero e quelli a canone concordato; questi ultimi possono essere a uso abitativo, a uso transitorio o a uso studenti universitari.
Il contratto a canone libero è probabilmente la tipologia più diffusa e, come suggerisce il nome stesso, si caratterizza per il fatto che tutto è lasciato alla libera contrattazione tra le due parti, che determinano quindi l’importo del canone. La legge stabilisce che la durata minima del contratto è di quattro anni, rinnovabile per altri quattro: dopo i primi quattro anni il rinnovo è tacito, a meno che l’inquilino non comunichi la disdetta sei mesi prima della scadenza del contratto oppure si avvalga del recesso per motivi previsti dal contratto o per gravi motivi, definizione che si riferisce a circostanze sopravvenute e imprevedibili.
Bisogna però tenere presente che da questa categoria di contratto sono esclusi particolari tipi di immobili: si tratta degli immobili di pregio (categorie catastali A/1, A/8, A/9, per cui vale la normativa del codice civile), delle case popolari, delle case di villeggiatura, per usi transitori o adibite a foresteria, e degli immobili che non sono considerati abitazione, quali cantine o garage.
Per quanto riguarda il contratto a canone concordato, si devono sottolineare due caratteristiche principali: in primo luogo l’ammontare del canone è regolato sulla base di accordi locali stipulati tra le organizzazioni dei proprietari e quelle degli inquilini; inoltre questo tipo di contratto può essere messo in atto solo nei Comuni ad alta densità abitativa.
La durata prevista è di tre anni, al termine dei quali o viene prorogato per legge per altri due anni (a meno che l’inquilino, per motivi personali, non provveda a inviare la disdetta entro sei mesi prima della scadenza dei 3 anni), o viene stipulato un nuovo contratto in maniera consensuale da entrambe le parti.
Il contratto a uso transitorio invece può essere stipulato solo per esigenze temporanee non turistiche e la sua durata va da uno a diciotto mesi, non rinnovabili. Quando viene redatto, deve essere prodotta la documentazione che attesta l’esigenza temporanea.
Sempre più spesso ormai i giovani vanno a studiare lontano da casa e infatti esiste una particolare tipologia di contratto a uso transitorio dedicata agli studenti universitari: la durata va dai sei ai trentasei mesi e al momento della stipula bisogna specificare di essere studenti fuori sede. In prossimità della data di scadenza il contratto può essere rinnovato in base alle singole esigenze oppure può essere disdetto con tre mesi di preavviso.
Infine ricordiamo la possibilità per il locatore di scegliere l’opzione della cedolare secca: si tratta di un regime fiscale che permette al locatore di pagare un’aliquota fissa sull’intero canone delle locazioni ed esclude per il periodo dell’operazione l’applicazione dell’Irpef, dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo. L’Aliquota è al 10% per i contratti concordati e per quelli per studenti universitari, al 21% per i contratti liberi; la base imponibile è il canone di locazione stabilito dalle parti, che in ogni caso non deve essere inferiore alla rendita catastale.
Ora che avete le coordinate elementari per muovervi nel mondo degli affitti non vi resta che mettervi all’opera: iniziate la ricerca dell’appartamento oppure mettete sulla piazza il vostro immobile da affittare.
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